In questo articolo parlo del confezionamento in atmosfera protettiva applicato ai prodotti da forno panificati (pane, focacce, basi pizza, ecc.) evidenziando i vantaggi in termini di aumento dei tempi di shelf-life.

Ho fatto un’ esperienza molto significativa in merito e posso confermare che è possibile assicurare shelf-life di 3 – 4 mesi mantenendo il prodotto  a temperatura ambiente. Ciò è possibile adottando una serie di accorgimenti che presi singolarmente non sono risolutivi ma adottati in concomitanza consentono davvero di prolungare la shelf-life. Per meglio comprendere l’ importanza di questa tecnologia dobbiamo fare un breve cenno alle cause di alterazione di questa tipologia di prodotti e come è possibile rimuoverle.

ALTERAZIONE DA BATTERI

Nei prodotti panificati potrebbero moltiplicarsi molte speci di batteri che contaminano il frumento e quindi la farina. Le speci che danno maggiormente problemi appartengono al genere bacillus: b. subtilis, b. mesentericus, b. licheniformis, b.cereus, ecc. Se si moltiplicano in maniera esorbitante possono provocare un’ alterazione delle caratteristiche organolettiche della mollica conosciuta come “pane filante” ; la mollica si presenta umida, filamentosa, appiccicosa, giallastra e maleodorante; inoltre il b. subtilis e il b. cereus possono provocare tossinfezioni alimentari se ingeriti in numero molto elevato.

Incombe anche il pericolo del clostridium botulinum che è un anaerobio stretto e, se trova le condizioni ideali potrebbe moltiplicarsi e produrre la tossina botulinica che, come sappiamo può provocare la morte.

RIMEDI

Purtroppo, sia i bacilli che i clostridi sono sporigeni e, in quanto tali, sono termoresistenti ed il fatto che durante la cottura, sulla parte esterna del prodotto si raggiungono temperature sufficienti ad inattivarli non da nessuna garanzia che non siano presenti nel prodotto cotto perchè all’ interno del prodotto, in fase di cottura, non viene mai superata la temperatura di 100 °C.

Nei confronti dei bacilli l’ atmosfera protettiva con assenza di ossigeno non è efficace perchè essi sono anaerobi facoltativi, quindi, potrebbero moltiplicarsi anche in presenza  di basse % di ossigeno; anche nei confronti del clostridium botulinum, che è un anaerobio obbligato, l’ atmosfera protettiva non è efficace; anzi, potrebbe addirittura favorirne la moltiplicazione e, di conseguenza il prodotto potrebbe diventare nocivo.

Tuttavia, possiamo arginare il problema tenendo sotto controllo 2 parametri: l’ acqua libera (AW) e il pH.

Il pH si può gestire con l’ utilizzo del lievito naturale che non è altro che un impasto di acqua e farina che ha subìto un processo di fermentazione a causa dei microrganismi naturalmente presenti nella farina (tra i piu’ significativi ricordiamo il lactobacillus brevis ed il lactobacillus plantarum). In particolare, il lactobacillus brevis è un eterofermentante e sostiene fermentazioni complesse con produzione di un mix di acidi organici e di alcoli (acido lattico, acido acetico, alcol etilico, ecc.) che hanno svariate funzioni: conferiscono aromi particolari al prodotto, hanno funzione antimicrobica ed abbassano il pH a valori di sicurezza per i bacilli (circa 5,00), ma non per il clostridium botulinum che può moltiplicare e produrre la tossina fino a pH 4,50.

L’ AW si può tenere sotto controllo con la cottura; una cottura adeguata consente di scendere sotto la soglia di pericolosità che è 0,91 – 0,92; in questo modo è scongiurato anche il pericolo legato alla moltiplicazione del clostridium botulinum.

ALTERAZIONE DA LIEVITI E MUFFE

Le muffe e i lieviti possono provocare comparsa di chiazze piu’ o meno diffuse di diversi colori (grigie, verdi, giallastre) sulla crosta e nella mollica determinando l’ alterazione del prodotto. Inoltre, alcune speci di muffe possono generare tossicità perchè possono produrre metaboliti tossici, le cosiddette micotossine. (Per approfondimenti sulla tossicità delle muffe  invito a leggere il mio articolo pubblicato su questo sito:  Le muffe sugli alimenti: quali sono nocive? )

Al contrario dei batteri, i lieviti e le muffe possono moltiplicarsi a valori di pH e di AW sensibilmente piu’ bassi. Dunque, tutti gli interventi finalizzati a tenere sotto controllo questi 2 parametri non sortiscono nessun effetto su queste 2 classi di microrganismi.

RIMEDI

Fortunatamente, i lieviti e le muffe sono termolabili, quindi vengono distrutti con la cottura del prodotto; inoltre, le muffe sono aerobie obbligate e, pertanto, il confezionamento in atmosfera protettiva  di Anidride carbonica ed Azoto consente effettivamente di evitarne la moltiplicazione e quindi l’ alterazione del prodotto.

Ma perchè abbiamo bisogno di confezionare in atmosfera protettiva se le muffe vengono distrutte con il calore? Il problema è che il prodotto, all’ uscita del forno si ricontamina irrimediabilmente, anche se manteniamo delle condizioni igieniche di lavorazione perfette, in quanto, nell’ ambiente di lavoro vi sono comunque spore di muffe che possono andare a depositarsi sul prodotto ( a meno che non operiamo nelle  camere bianche ) .

Per minimizzare la ricontaminazione è preferibile confezionare il prodotto a caldo, facendo trascorrere meno tempo possibile tra la fine della cottura ed il confezionamento. In questo modo si va a confezionare un prodotto pressocchè sterile e, dunque, meno facilmente soggetto ad alterazione; meglio ancora se il tratto di linea tra uscita forno e macchine confezionatrici è coperto e vi sono installate delle lampade U.V. e se l’ ambiente confinato della macchina sovrastante la campana in cui avviene il vuoto e compensazione è investita da un flusso di aria sterile ottenuta per passaggio dell’ aria attraverso  filtri sterilizzanti.

Il confezionamento a caldo comporta anche degli svantaggi rispetto al confezionamento del prodotto preventivamente raffreddato:

  • Essendo il prodotto ancora caldo e non rassodato si potrebbero avere problemi di impattamento della mollica o la formazione di “tasche” se i parametri di vuoto e compensazione non sono bene impostati.
  • La quantità di gas di compensazione (in peso) che riusciamo ad introdurre nella confezione è relativamente poca a causa dell’ elevato volume specifico di quest’ ultimo perchè nella confezione vi sono temperature elevate. Ciò comporta che quando il prodotto si raffredda sembrerà essere confezionato in sottovuoto. Tale fenomeno risulta tanto piu’ evidente quanto piu’ elevata è la % di anidride carbonica perchè essa si scioglierà col tempo in parte nel prodotto. Comunque le % consigliate sono 30% anidride carbonica e 70% di azoto e il grado di vuoto e compensazione dovrebbe essere tale da assicurare una % di ossigeno all’ interno della confezione inferiore all’ 1%.

Di fondamentale importanza è il materiale con cui è costituito l’ imballaggio che deve avere proprietà barriera nei confronti dei gas, con particolare riferimento all’ ossigeno. Il materiale per eccellenza in quanto a proprietà barriera è il poliaccoppiato polietilene/alluminio/poliestere che possiede una barriera assoluta. Non va bene se si vuole che il prodotto si veda dall’ esterno.

Se vogliamo che il prodotto si veda dall’ esterno allora il miglior materiale è il poliaccoppiato PE/EVOH/PE (polietilene/etilen-vinilalcol/polietilene) grazie alle ottime proprietà barriera nei confronti dei gas dello strato di EVOH. D’ altro canto questo materiale trasparente lascia passare i raggi UV e, poichè la % di ossigeno all’ interno della confezione non sarà mai pari a zero vi è il rischio che si inneschino reazioni di irrancidimento a carico dei grassi (potrebbe essere un problema serio per le focacce spennellate in superficie con l’ olio).

Assodato che con gli interventi sopra citati si riescono a bloccare le alterazioni di tipo microbiologico, quali sono le trasformazioni che possono limitare la shelf-life di prodotti del genere confezionati in atmosfera protettiva?

Con il trascorrere del tempo, compaiono tutta una serie di trasformazioni che limitano la shelf-life del prodotto a 4 – 5 mesi, ad esempio, l’ imbrunimento della mollica, dovuta alla reazione di maillard tra i gruppi carbossilici degli zuccheri semplici e i gruppi amminici degli amminoacidi, la comparsa di odori anomali dovuta  a tutta una serie di complesse reazioni chimiche tra i vari componenti del prodotto e, soprattutto il raffermimento, che è la conseguenza della retrogradazione dell’ amido, ovvero della cristallizzazione che interessa principalmente la frazione ramificata (amilopectina) dell’ amido. E’ possibile rallentare il fenomeno agendo sulla ricetta; ad esempio aggiungendo le fibre (anche sotto forma di crusca), che, per la loro capacità di trattenere l’ acqua rallentano il processo di raffermimento.  Anche la lievitazione con lievito naturale contribuisce a rallentare la velocità del raffermimento per la presenza di metaboliti prodotti dai lattobacilli che trattengono maggiormente l’ acqua. 

Questo problema è comunque di scarsa rilevanza se il prodotto è destinato ad essere riscaldato o cotto nel forno domestico previa guarnitura prima di essere consumato perchè il riscaldamento fa si che l’ amilopectina riacquisti la struttura amorfa e di conseguenza il pane ritorna ad essere morbido, come appena sfornato.


Chiunque voglia adottare questa tecnologia di confezionamento può avvalersi della Nostra consulenza e sarà seguito in tutte le fasi di messa a punto del prodotto.

Inoltre, grazie al nostro partner LUPOPACKAGING possiamo effettuare prove di confezionamento presso la Vostra struttura produttiva e fornirvi preziosi consigli sulle macchine piu’ idonee al fine di soddisfare ogni Vostra esigenza produttiva.


Scritto da GELSOMINO PANICO, Tecnologo Alimentare e titolare di AEA CONSULENZE