L’ utilizzo del lievito naturale nei prodotti da forno comporta indubbi vantaggi dal punto di vista qualitativo e qualche problema dal punto di vista gestionale. Ne parlo in questo articolo.

Come tutti sanno, il lievito naturale si ottiene impastando la farina con l’ acqua e mantenendo l’ impasto per un certo tempo in determinate condizioni di temperatura ed umidità relativa. Durante questo tempo,  i batteri naturalmente presenti nella farina e nell’ ambiente di lavorazione (che durante l’ impastamento vanno a contaminare la farina), innescano processi di fermentazione con produzione di diversi metaboliti.

Nel lievito naturale vi è un mix di varie speci microbiche: lieviti, lattobacilli (L.sanfrancinscensis, L.panis, L.plantarum, L.brevis, ecc.), pediococchi, enterococchi, leuconostoc, ecc; essi sono presenti in % variabili in funzione di vari fattori: condizioni di fermentazione (tempo, temperatura, umidità relativa, tipologia di farina utilizzata, % di idratazione dell’ impasto), microflora specifica della farina, microflora specifica dell’ ambiente di lavorazione.

A differenza  dei lieviti quali il Saccharomyces Cerevisiae ( il lievito compresso, per intenderci) che sostengono la fermentazione alcolica con produzione di alcol ed anidride carbonica, i sopracitati microrganismi innescano fermentazioni di vario tipo: fermentazione omolattica (con produzione di solo acido lattico), fermentazione etero lattica (oltre all’ acido lattico, producono  acido acetico, alcol etilico, anidride carbonica) e fermentazioni collaterali, con produzione di metaboliti vari, ad esempio: acetaldeide e diacetile.

Dicevamo che vi sono vari fattori che entrano in gioco nel processo fermentativo. Vediamone alcuni:

TIPOLOGIA DI FARINA UTILIZZATA
Farine diverse hanno composizioni diverse e, di conseguenza, i microrganismi in esse presenti si comporteranno in maniera diversa. Ad esempio, la farina di frumento integrale ha un contenuto in minerali sensibilmente piu’ elevato rispetto ad una farina di frumento tipo “0”. Ciò si traduce in un più elevato potere tampone, per cui, occorrono tempi più lunghi affinchè il lievito naturale raggiunga valori ottimali di pH.

% DI IDRATAZIONE
Le farine possono assorbire quantità differenti di acqua (50 – 55% del peso)  in relazione alla loro composizione, con particolare riferimento alla composizione proteica.  Nella preparazione del lievito naturale possiamo decidere di utilizzare il quantitativo di acqua richiesto dalla farina oppure quantitativi superiori. Nel primo caso (impasto piu’ consistente),  otterremo un lievito naturale con un maggior quantitativo di acido acetico; nel secondo caso (impasto meno consistente), otterremo un lievito naturale con un maggior quantitativo di acido lattico.

In ogni caso, il pH del lievito naturale è importante ai fini delle caratteristiche del prodotto finito. Un lievito naturale con pH intorno a 4, aggiunto all’ impasto nella % variabile dall’ 8 al 10% (anche in funzione della composizione dell’ impasto), consente di ottenere un prodotto con un pH pari a 4,8 -5 che è ideale per ottenere la giusta alveolatura della mollica, la giusta colorazione della crosta, il giusto aroma e la giusta resistenza al raffermamento.

In alternativa alla preparazione del lievito naturale, si possono utilizzare delle tecniche intermedie che prevedono anche l’ utilizzo del lievito compresso, ad esempio, la tecnica della BIGA, molto in voga tra i panificatori.  Consiste nel preparare il giorno precedente un impasto denominato BIGA costituito sostanzialmente da acqua e farina che il giorno dopo diventa un lievito naturale per effetto della fermentazione. Alla biga  viene aggiunta altra farina, il lievito compresso ed eventuali altri ingredienti, dopo di che si fa lievitare ancora, ma per tempi molto piu’ brevi, prima che il prodotto venga sottoposto a cottura.

Infine, negli ultimi anni si sta diffondendo, per motivi di semplificazione gestionale, l’ utilizzo della cosiddetta pasta acida. Si presenta sotto forma di farina; in effetti è un lievito naturale liofilizzato in cui i microrganismi si trovano allo stato quiescente; quando viene aggiunta all’ impasto, i microrganismi vengono rivitalizzati ed innescano i processi fermentativi descritti sopra. La pasta acida viene proposta sia tal quale, sia in formulazione nei miglioratori per prodotti da forno.

QUALI SONO I 5 BUONI MOTIVI CHE DOVREBBERO INDURRE AD UTILIZZARE IL LIEVITO NATURALE? VEDIAMOLI:

FLAVOUR
Utilizzando il lievito naturale, il prodotto avrà un flavour particolare, sicuramente gradevole,  per la presenza dei metaboliti derivanti dalle fermentazioni lattiche e dalle fermentazioni collaterali: acido lattico, acido acetico, alcol etilico, acetaldeide, diacetile.

ALVEOLATURA
La lievitazione lenta fa si che il rilascio di anidride carbonica sia anche esso lento; il risultato finale è un prodotto con una alveolatura uniforme e regolare;

CONSERVABILITA’
Alcuni prodotti della fermentazione come l’ acido acetico sono degli antimicrobici naturali e ciò rende il prodotto piu’ stabile dal punto di vista microbiologico, quindi meno suscettibile all’ attacco da parte delle muffe e da parte di alcune speci di sporigeni presenti nel prodotto in quanto termoresistenti (e di conseguenza superstiti alla cottura). Un esempio classico è il B. mesentericum che può provocare il problema del pane filante.
Inoltre, l’ abbassamento del pH a valori intorno a 5 conseguente all’ utilizzo del lievito naturale crea le condizioni ottimali per l’ attività della beta amilasi, sia quella naturalmente presente nella farina, sia quella eventualmente aggiunta all’ impasto. Come abbiamo visto in QUESTO ARTICOLO , le amilasi (compresa la beta amilasi) vengono aggiunte all’ impasto proprio con lo scopo di rallentare il raffermamento del prodotto.
Infine, in seguito alla fermentazione operata dai lattobacilli si produce anche glicerina che è un emulsionante naturale e che contribuisce, anche essa, a rallentare il raffermamento;

BIODISPONIBILITA’ DEI SALI MINERALI
Il lievito naturale  contribuisce ad aumentare la biodisponibilità di taluni sali minerali (ad esempio: ferro, magnesio, calcio, zinco) da parte del nostro organismo. Infatti, la fitasi naturalmente presente nella farina (in particolare negli involucri esterni del chicco di frumento) lavora bene in ambiente acido e, pertanto, andrà a degradare  l’ acido fitico (anche esso presente nel prodotto) che, come noto, rende indisponibili i suddetti sali minerali;

DIGERIBILITA’
Alcune delle trasformazioni che si verificano nei processi fermentativi legati all’ utilizzo del lievito naturale (attivazione degli enzimi, parziale demolizione dell’ amido e delle proteine, ecc. ) sono assimilabili a quelle che si verificano durante i processi digestivi; è come se parte del lavoro che deve svolgere il nostro organismo per digerire il prodotto fosse stato già svolto, e, pertanto, il prodotto risulta essere più digeribile.

Spero che questo articolo possa essere di utilità a quanti operano nel settore bakery, sia produttori che consulenti e sono grato a chiunque, ritenendolo interessante, lo voglia condividere.


Articolo scritto dal Dott. GELSOMINO PANICO titolare di AEA CONSULENZE ALIMENTARI

AEA CONSULENZE ALIMENTARI opera in partnership con LUPOPACKAGING


 

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