In un precedente articolo ho spiegato i motivi per cui un prodotto da forno diventa raffermo con il passare del tempo. In questo articolo parlo degli enzimi che vengono piu’ frequentemente utilizzati nei prodotti da forno allo scopo di rallentarne il raffermamento.

LE AMILASI

Le alfa e beta amilasi,  aggiunte all’ impasto, scindono i legami glucosidici dell’ amido e danno origine alle destrine ( molecole a piu’ basso peso molecolare rispetto all’ amido),  disaccaridi (maltosio) e  glucosio.

Le alfa amilasi sono meno selettive rispetto alle beta amilasi e scindono i legami glucosidici a caso; possono essere di origine vegetale (si trovano nei semi), di origine animale (si trovano nella saliva e nel succo pancreatico dei mammiferi) o di origine microbica (sia batterica che fungina). Esse danno origine prevalentemente ad oligosaccaridi a basso peso molecolare, maltosio e glucosio; quest’ ultimo  funge anche da substrato per i lieviti, ragion per cui, l’ aggiunta delle alfa amilasi ha anche lo scopo di facilitare  la lievitazione dell’ impasto.

Le beta amilasi, invece, sono esclusivamente di origine vegetale, idrolizzano le molecole di amido a partire dall’ estremità non riducente e danno origine a catene a medio peso molecolare, quindi piu’ lunghe e piu’ pesanti rispetto a quelle che si originano con l’ utilizzo delle alfa amilasi.

In ambedue i casi, i frammenti che derivano dall’ idrolisi dell’ amido sono meno suscettibili alla ricristallazzazione post cottura; il risultato finale è che il prodotto diventa raffermo  piu’ lentamente e ciò consente di mantenere le caratteristiche di freschezza per tempi piu’ lunghi.

Le amilasi sono anche naturalmente presenti nella farina e se questa è stata prodotta utilizzando del grano germinato o mal conservato sono presenti in quantità talmente elevate che la farina risulta essere poco lavorabile;  anche il prodotto risultante sarà di scarsa qualità, quindi, è bene che le amilasi ci siano nella farina ma non devono essere presenti in quantità eccessiva. Anche il dosaggio degli enzimi introdotti nell’ impasto deve essere fatto rispettando i quantitativi consigliati dal fornitore; se li sovradosiamo, otteniamo lo stesso risultato che si ottiene utilizzando una farina di scarsa qualità.

Le amilasi possono essere aggiunte anche in maniera indiretta. Ad esempio, le farine di cereali maltati (generalmente orzo maltato e frumento maltato) sono ricche di enzimi amilasi e, non a caso, spesso entrano a far parte della formulazione dei miglioratori per prodotti da forno.

XILANASI

Le xilanasi A e B vengono utilizzate  per migliorare la lavorabilità dell’ impasto,  per aumentare il volume del pane e per ritardare il raffermamento. Esse agiscono sulle emicellulose presenti nella farina di grano, spezzettandole. In questo modo si verifica una migliore redistribuzione dell’ acqua; l’ impasto risulta essere piu’ facile da lavorare e  il prodotto risulterà essere piu’ soffice; inoltre, ritardano la ricristallizzazione post cottura dell’ amilopectina e, per questo motivo, rallentano il raffermamento.

ETICHETTATURA
Gli enzimi vengono inattivati con la cottura del prodotto e, pertanto,  non sono piu’ presenti nel prodotto finito; vengono, quindi, considerati dei coadiuvanti tecnologici e, in base all’ articolo 20 del regolamento UE 1169/2011 non vi è l’ obbligo di dichiarazione in etichetta.
La normativa è abbastanza generica: non definisce le dosi di utilizzo, il tipo di enzima, nè tantomento la specificità di azione e, di fatto consente l’ utilizzo di una vasta gamma di enzimi sia singolarmente che in combinazione tra di loro senza obbligare i produttori di miglioratori enzimatici a  specificare quali enzimi utilizza, in che dosi e a cosa servono.
I miglioratori enzimatici  vengono ormai impiegati per la produzione della stragrande maggioranza dei prodotti da forno che si trovano in commercio. Per questo motivo si sta assistendo ad una omologazione dei prodotti che sono praticamente tutti uguali; sarebbe auspicabile che venissero emanate delle norme che obbligano quantomeno a dichiararne l’ origine  per una questione di trasparenza nei confronti dei consumatori in genere, ed in particolare di talune categorie di consumatori, come i vegani, che per ragioni etiche  e salutistiche non vogliono ingerire ingredienti o additivi di origine animale.

Articolo scritto dal Dott. GELSOMINO PANICO, titolare di AEA CONSULENZE ALIMENTARI

Condividi l’ articolo, se ti è piaciuto!