PREMESSA
Quando sull’ etichetta di un prodotto alimentare vengono riportate dichiarazioni sulle caratteristiche del prodotto con l‘ intento, più o meno palese, di far credere al consumatore che esso si differenzia da prodotti simili inducendolo quindi a preferirlo, si rischiano sanzioni molto pesanti.
Nell’ articolo che ti stai apprestando a leggere ho esaminato un caso particolare: l’ utilizzo del termine “prodotto artigianale”.
Sarà capitato a tutti di andare a fare la spesa al supermercato e vedere esposti dei prodotti che vantano di essere “artigianali”: “confettura artigianale”, “biscotti artigianali”, “pasta artigianale”, ecc.
A me fa un pò sorridere questa mania di volere mettere dappertutto questo aggettivo come a voler enfatizzare una qualità superiore del prodotto rispetto ad un altro prodotto simile; supponiamo, ad esempio, che un imprenditore produca biscotti e che, invece di usare un rullo formatore che produce migliaia di biscotti all’ ora, li forma uno ad uno manualmente e scriva in etichetta che i suoi biscotti sono artigianali.
E’ una discriminante per poter ammettere che tali biscotti sono qualitativamente migliori di quelli prodotti industrialmente? Certamente no, però il messaggio che si vuole trasmettere è quello.
La qualità del prodotto non è determinata dal fatto che esso sia stato fatto con l’ utilizzo di tecniche artigianali ma dipende da altri fattori: la qualità degli ingredienti ed imballi utilizzati, le condizioni igieniche di lavorazione, le condizioni di stoccaggio e commercializzazione, ecc.
Sono fattori che non sempre sono tangibili ma fanno la differenza.
ASPETTI NORMATIVI LEGATI ALL‘ UTILIZZO DELL’ AGGETTIVO “ARTIGIANALE”
Quando si può utilizzare l’ aggettivo “PRODOTTO ARTIGIANALE”?
Per rispondere a questa domanda faccio un richiamo al Regolamento UE 1169/2011 Articolo 7 (Pratiche leali di informazione), punto 1, lettera c:
Articolo 7
1. Le informazioni sugli alimenti non inducono in errore, in particolare:
c) suggerendo che l’alimento possiede caratteristiche particolari, quando in realtà tutti gli alimenti analoghi possiedono le stesse caratteristiche, in particolare evidenziando in modo esplicito la presenza o l’assenza di determinati ingredienti e/o sostanze nutritive;
L’ abuso del termine “Artigianale” si può configurare come violazione delle prescrizioni del suddetto articolo.
Se proprio si vuole mettere in evidenza che il prodotto è stato realizzato in un’ azienda artigiana lo si può fare scrivendo, accanto alla denominazione di vendita, la dicitura: “prodotto in laboratorio artigianale”, oppure “Prodotto da Azienda artigiana” se l’ azienda in questione possiede i requisiti stabiliti dalla LEGGE 443/85, per le aziende artigianali.
La Circolare del Ministero delle Attività Produttive N° 168 del 10 Novembre 2003 fa chiarezza sull’ uso di termini quali: “artigianale”, “lavorato a mano”, “integrale”, ecc.
Al punto F (Prodotti artigianali) dice che spesso, nella commercializzazione di taluni prodotti alimentari viene fatto riferimento con una certa enfasi alla “produzione artigianale” come se si trattasse di una garanzia di qualità organolettica, nutritiva o sanitaria superiore.
E’ vero che l’uso di diciture concernenti le caratteristiche del metodo di produzione costituisce una garanzia fornita al consumatore sul metodo, ma non si traduce, di regola, anche in un aumento della qualita’ del prodotto finito in termini di caratteristiche ingredientistiche, nutrizionali, chimico-fisiche, organolettiche ed igienico-sanitarie.
Al medesimo punto ribadisce che l’ utilizzo di alcuni termini come “lavorato a mano” e simili è ingannevole quando solo alcune fasi secondarie e collaterali della produzione sono effettuate a mano e che tale termine può essere utilizzato solo quando tutte o la maggior parte delle fasi del processo vengono condotte manualmente.
Vi sono, tuttavia, dei casi in cui parlare di prodotto artigianale ha senso perchè effettivamente il prodotto artigianale possiede caratteristiche differenti rispetto al prodotto industriale. Nei capitoli che seguono, descrivo 2 casi: il gelato e la birra.
UTILIZZO DELL’ AGGETTIVO “ARTIGIANALE”: LA BIRRA
Per quanto riguarda la birra, essa è regolamentata dalla legge 1354 del 16 agosto 1962. Fino a qualche anno fa, l’articolo 2 di questa legge definiva le denominazioni dei vari tipi di birra:
1. La denominazione «birra analcolica» è riservata al prodotto con grado Plato non inferiore a 3 e non superiore a 8 e con titolo alcolometrico volumico non superiore a 1,2%.
2. La denominazione «birra leggera» o «birra light» è riservata al prodotto con grado Plato non inferiore a 5 e non superiore a 10,5 e con titolo alcolometrico volumico superiore a 1,2% e non superiore a 3,5%.
3. La denominazione «birra» è riservata al prodotto con grado Plato superiore a 10,5% e con titolo alcolometrico volumico superiore a 3,5%; tale prodotto può essere denominato «birra speciale» se il grado Plato non è inferiore a 12,5 e «birra doppio malto» se il grado Plato non è inferiore a 14,5.
4. Quando alla birra sono aggiunti frutta, succhi di frutta, aromi, o altri ingredienti alimentari caratterizzanti, la denominazione di vendita è completata con il nome della sostanza caratterizzante.
Non esisteva, dunque, una tipologia denominata “birra artigianale” e l’utilizzo dell’ aggettivo “artigianale” non era legale, tanto è vero che ci sono stati casi di sequestro di lotti di birra denominate “artigianali” da parte degli organi di controllo.
Per tale motivo, ed anche a seguito delle proteste delle associazioni di categoria, il legislatore è intervenuto ed il 6 luglio 2016 è stato approvato un provvedimento per colmare questa lacuna. In effetti, all’articolo 2 della legge 16 agosto 1962, n. 1354, dopo il comma 4 è stato aggiunto il comma 4-bis, che recita:
“Si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione. Ai fini del presente comma s’intende per piccolo birrificio indipendente un birrificio che sia legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altro birrificio, che utilizzi impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro birrificio, che non operi sotto licenza di utilizzo dei diritti di proprietà immateriale altrui e la cui produzione annua non superi 200.000 ettolitri, includendo in questo quantitativo le quantità di birra prodotte per conto di terzi”.
UTILIZZO DELL’ AGGETTIVO “ARTIGIANALE”: IL GELATO
Negli ultimi anni si sente sempre piu’ spesso parlare di gelato artigianale. Tuttavia non è semplice stabilire la differenza tra un gelato artigianale e un gelato non artigianale anche perchè non esiste una normativa in merito.
La normativa definisce solo i requisiti che deve avere una gelateria artigianale, essi sono definiti dalla Legge Quadro per l’Artigianato (n. 443 dell’8 agosto 1985), che all’ articolo 2 recita:
“È imprenditore artigiano colui che esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare, l’impresa artigiana, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri ed i rischi inerenti alla sua direzione e gestione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo.”
Ma ciò non significa che il gelato realizzato da una gelateria artigianale abbia per forza i requisiti necessari per poter essere definito “artigianale”
QUALI REQUISITI DEVE AVERE IL GELATO PER POTERSI DEFINIRE “ARTIGIANALE”
Anche se non vi sono delle norme specifiche, vi sono delle regole piu’ o meno condivise tra i vari organi competenti ed associazioni di categoria in base alle quali il termine “gelato artigianale” può essere utilizzato. Vediamole:
STRUTTURA AZIENDALE e PROCESSO DI PRODUZIONE
Le dimensioni e la tipologia della gelateria devono rispettare i requisiti definiti per le aziende artigianali;
Il gelato deve essere prodotto in laboratorio annesso al punto vendita oppure nelle vicinanze del punto vendita (nel caso di laboratorio artigianale con più punti vendita); in ogni caso, a una distanza che non richieda il congelamento della base liquida e lo scongelamento in negozio, con successiva mantecazione;
La miscela deve essere portata allo stato cremoso mediante congelamento rapido e contemporanea agitazione per incorporare una quantità di aria variabile dal 25 al 30%. Appena preparato, il gelato è molto cremoso, perché i cristalli di ghiaccio sono finissimi.
Il gelato può definirsi artigianale se ha una consistenza cremosa; se, viceversa, presenta grossi cristalli di ghiaccio vuol dire che ha subìto un processo di scongelamento e ricongelamento e non può definirsi tale.
COMPOSIZIONE
Per potersi definire “artigianale” il gelato deve avere i seguenti requisiti:
Gli ingredienti utilizzati devono essere di ottima qualità; si deve utilizzare il latte fresco, le uova fresche e la frutta fresca; nei mesi piu’ freddi si può utilizzare la purea di frutta preparata in estate e mantenuta in freezer alla temperatura massima di -18 °;
Non si devono utilizzare grassi idrogenati, conservanti, coloranti, emulsionanti, addensanti;
Devono essere a basso contenuto di zucchero e ad alto contenuto di frutta;
COLORE
Il colore deve essere congruente col gusto dichiarato (ad esempio, il gusto al pistacchio non avrà un colore verde acceso, ma un tenue color pastello, il gusto albicocca non sarà mai un arancione intenso, bensì un arancio pallido).
Bisogna diffidare dei gelati con colori troppo accesi; molto probabilmente sono stati utilizzati coloranti, anche se non sono dichiarati oppure sono stati utilizzati i semilavorati già pronti che, spesso contengono coloranti.
SAPORE
Il gelato non deve essere troppo dolce; significherebbe che è stato aggiunto troppo zucchero oppure che sono stati utilizzati gli sciroppi; si deve avvertire il sapore della frutta dichiarata.
CONSISTENZA
La consistenza deve essere cremosa; se è troppo oleosa significa che sono stati utilizzati troppi grassi; se si attacca al palato, significa che c’è troppo ghiaccio in quanto è stata utilizzata troppa acqua.
La velocità di fusione del gelato può determinarne la qualità. Se il gelato si scioglie troppo rapidamente significa che gli ingredienti non sono stati ben bilanciati, magari a causa dell’utilizzo di troppo zucchero o di materie prime di scarsa qualità.
Se, al contrario, il gelato non si scioglie dopo un po’ che teniamo il nostro cono o la nostra coppetta in mano, potrebbe essere segno della presenza di addensanti.
Vi sono delle proposte di legge riguardanti gli ingredienti da utilizzare ed i requisiti da rispettare affinchè il gelato possa definirsi artigianale. Esse prevedono l’ utilizzo entro certi limiti dei semilavorati, il divieto di utilizzo di coloranti, additivi ed aromi artificiali, e l’ utilizzo di ingredienti freschi (latte fresco pastorizzato, uovo fresco pastorizzato, frutta fresca).
Tuttavia, a tutt’ oggi (6 Agosto 2024), non esiste ancora una norma di legge che regola l’ utilizzo della dicitura “Gelato Artigianale”
CONCLUSIONI
Fatta eccezione per taluni casi in cui è realmente possibile individuare differenze qualitative tra il prodotto “industriale” ed il corrispondente prodotto “artigianale” (nell’ articolo abbiamo preso in esame la BIRRA e il GELATO), possiamo trarre le seguenti conclusioni:
- L’ utilizzo dell’ aggettivo “artigianale” sull’ etichetta di un prodotto alimentare può configurarsi come violazione dell’ articolo 7 comma 1 lettera c, del regolamento UE 1169/2011, vale a dire che può indurre il consumatore a credere che il prodotto possiede caratteristiche particolari quando in realtà, i prodotti analoghi possiedono le stesse caratteristiche;
- E’ possibile rimarcare, in prossimità della denominazione, che il prodotto è stato realizzato da un’ azienda/laboratorio di produzione artigianale, purchè essa (l’ azienda) presenti i requisiti previsti dalla legge 443/85;
- La Circolare del Ministero delle Attività Produttive N° 168 del 10 Novembre 2003 precisa che il termine “produzione artigianale” non è sinonimo di qualità superiore e, in altri termini, l’ azienda artigianale non può approfittare della sua qualifica giuridica per conferire connotati di qualità ai propri prodotti; inoltre, ribadisce che l’ utilizzo di termini come “lavorato a mano” e simili è ingannevole quando solo alcune fasi secondarie e collaterali della produzione sono effettuate a mano; tale termine può essere utilizzato solo quando tutte o la maggior parte delle fasi del processo vengono condotte manualmente;
A fronte di quanto detto sopra, personalmente consiglio di stare molto attenti ad utilizzare le diciture “artigianale” oppure “lavorato a mano” (o diciture simili) in etichetta perchè facilmente si può incorrere nella violazione dell’ articolo 7 comma 1 lettera c del regolamento UE 1169/2011 e si rischia di incorrere in una sanzione amministrativa.
GELSOMINO PANICO